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Denatalità, allarme Italia: circa il 15% delle coppie non è fertile

Bilotta (direttore “Alma Res”): incidono età e comportamenti, ma spesso cura esiste

Combattere l’inverno demografico è una delle grandi sfide del nostro tempo. Con appena 379mila bambini venuti al mondo, il 2023 ha evidenziato nel nostro Paese l’ennesimo minimo storico di nascite, l’undicesimo di fila dal 2013. Il trend della denatalità dal 2008 (577mila nascite) non ha conosciuto soste, determinato sia da un’importante contrazione della fecondità (numero di figli per donne in età riproduttiva) sia dal calo del numero di donne in tale fascia di età (per l’invecchiamento della popolazione). Il numero medio di figli per donna negli ultimi sessant’anni è sceso dal 2.70 (1964) a 1.20 (2023) e già da quarant’anni non supera l’1.5 (1.48 nel 1984). Il bassissimo numero medio di figli per donna interessa tutto il territorio nazionale (Nord: 1.21; Centro: 1.12, Sud e Isole: 1.24), mentre fino a trent’anni fa la fecondità era molto superiore nel Sud rispetto al Centro e al Nord (basti pensare che nel 1964 era 3.30 nel Mezzogiorno, 2.38 nel Centro e 2.37 nel Nord).

Un problema, quello della denatalità, causato non soltanto da ragioni economico-sociali (stipendi bassi, aumento del costo della vita, mancanza di servizi a sostegno delle famiglie, etc.), ma anche dalle crescenti difficoltà di concepimento nelle coppie che desiderano avere un figlio. In Italia è stata istituita la Giornata nazionale della salute riproduttiva (22 settembre), proprio con l’obiettivo di promuovere l’attenzione e l’informazione sul tema della fertilità.

“Secondo le stime dell’Istituto Superiore di Sanità, in Italia circa il 15% delle coppie è infertile e questa condizione può dipendere in egual misura sia dalla donna che dall’uomo. Non esistono in Italia dati specifici sulla prevalenza di questo fenomeno – afferma il Professor Pasquale Bilotta, direttore del Centro Fecondazione Assistita “Alma Res” di Roma -. Generalmente si parla di infertilità di coppia in caso di mancato raggiungimento della gravidanza dopo un anno di rapporti sessuali regolari e non protetti. Tra le cause primarie vi è senz’altro il fattore età – dai 40 anni in poi la percentuale di fertilità media è il 20% rispetto a quella riscontrata a 25 anni – ma anche abitudini non sane, come fumo, consumo di alcol oppure condizioni psicologiche limitanti, quali ansia e stress da ritmi di vita/lavoro troppo frenetici. Spesso, comunque, parliamo di patologie prevenibili facilmente curabili, per questo è molto importante una corretta informazione”.

Secondo i dati più recenti dell’ISS, nel 2021, oltre 86.000 donne in Italia si sono sottoposte a trattamenti di fecondazione assistita. La fascia d’età più rappresentata è quella tra i 35 e i 40 anni, seguita dalla fascia tra i 30 e i 35 anni. Il tasso di successo delle procedure varia in base all’età della donna e alla tecnica utilizzata, con una media nazionale del 25% di gravidanze per ciclo di trattamento di fecondazione in vitro. Le donne sotto i 35 anni hanno registrato i tassi di successo più alti, con una percentuale che raggiunge il 40%, mentre per le donne sopra i 40 anni il tasso di successo scende al 15%.

“Non esiste un percorso universalmente valido per tutte le coppie – spiega il Professor Bilotta – Per questo, l’obiettivo primario del nostro Centro è ricercare approcci personalizzati, basati su caratteristiche genetiche e biologiche individuali. Non solo: puntiamo al miglioramento delle tecniche di congelamento e scongelamento di ovociti ed embrioni e investiamo nello sviluppo di nuove metodologie per la diagnosi precoce di malattie genetiche rare”.

Secondo il direttore di Alma Res – che vanta oltre 17mila trattamenti di riproduzione assistita realizzati e più di 7mila bambini nati – è fondamentale continuare a migliorare il quadro normativo per assicurare un accesso equo e sicuro per tutti: “Nel Lazio, per esempio, le coppie che decidono di ricorrere alla fecondazione assistita tramite SSN si recano in altre regioni. Le motivazioni sono legate alla scarsa offerta pubblica o convenzionata nel territorio regionale, lunghe liste d’attesa e costi elevati. Con altri 21 Centri autorizzati privati, stiamo costituendo un Coordinamento a livello regionale: auspichiamo la creazione di un Network di centri pubblici e privati, disponibili a erogare prestazioni in convenzione con il Servizio sanitario nazionale, in modo da aumentare l’offerta e garantire alle coppie un maggiore accesso ai trattamenti di fecondazione assistita”.

Fonte: askanews.it

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Salute, due ricercatrici Cnr premiate al Meeting INF-ACT di Pavia

Borse di ricerca per sviluppare studi sulle malattie infettive

Francesca Della Sala e Serena Di Vincenzo, ricercatrici del Consiglio nazionale delle ricerche -rispettivamente dell’Istituito per i polimeri, compositi e biomateriali di Napoli (Cnr-Ipcb) e dell’Istituto di farmacologia traslazionale – sede di Palermo (Cnr-Ift) – hanno ricevuto a Pavia, l’INF-ACT Early Career Award 2024.

I premi – una borsa di ricerca del valore di 15.000 euro ciascuna per consentire lo sviluppo di studi promettenti nel campo delle malattie infettive – sono stati conferiti nel corso del Congresso della Fondazione INF-ACT, il partenariato finanziato con fondi Pnrr che riunisce 25 istituzioni nazionali pubbliche e private impegnate in attività di ricerca sul tema delle malattie infettive emergenti, tra cui il Cnr.

Complessivamente, nell’ambito del meeting che si è concluso ieri sono state assegnate 15 borse di ricerca a ricercatori e ricercatrici afferenti a università e centri di ricerca nazionali, per un finanziamento di 225.000 euro totali, messi a disposizione della Fondazione INF-ACT.

Il progetto di Francesca Della Sala (Cnr-Ipcb) – informa il Cnr – riguarda lo sviluppo di piattaforme antimicrobiche basate su biomateriali naturali per malattie polmonari acute e croniche, sfruttando le proprietà strutturali regolabili dei biomateriali. In particolare, verranno prodotte nanoparticelle di carbonio (Carbon dots) utilizzando l’acido folico come precursore principale, queste verranno incorporate in sistemi di rilascio a base di nanogel costituiti da acido ialuronico e chitosano.

Lo studio del rischio infettivo nelle malattie respiratorie croniche è, invece, al centro del progetto di Serena Di Vincenzo (Cnr-Ift): l’obiettivo è valutare se l’utilizzo di farmaci nutraceutici – cioè a base di sostanze di origine naturale – può contrastare l’aumentato rischio di infezione correlato al fumo di sigaretta, in soggetti affetti da malattie respiratorie croniche, e quindi prevenirne il peggioramento.

“Scopo della Fondazione è creare una rete di supporto che ci tuteli nel caso di una nuova epidemia infettiva e per farlo, fin dall’inizio, abbiamo capito che era fondamentale agire sul presente, ma anche sul futuro, per garantire una continuità ai nostri investimenti”, ha affermato il Presidente della Fondazione INF-ACT Federico Forneris. “Le attività della Fondazione sono rivolte al futuro, e il nostro futuro si costruisce anche sostenendo i giovani che, approcciandosi alla carriera scientifica, si stanno avvicinando ora a queste realtà: questa borsa è un piccolo tassello affinché tale rete di protezione si mantenga vitale grazie a nuove energie e nuove idee”.

Fonte: askanews.it

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La sfida della prevenzione, chiave per un sistema sanitario sostenibile

Al Meeting di Rimini, esperti a confronto

La prevenzione è la chiave per costruire un sistema sanitario più resiliente, capace di affrontare efficacemente le sfide future e migliorare la qualità della vita dei cittadini. Oggi, la sfida cruciale è renderla un pilastro centrale del nostro sistema sanitario, soprattutto in un contesto come quello italiano, dove le crescenti sfide economiche, demografiche e sanitarie mettono sotto pressione le strutture esistenti. La prevenzione si configura così come una leva strategica essenziale non solo per migliorare la qualità della vita, ma anche per garantire la sostenibilità economica e operativa del sistema salute.

Su questi temi si sono confrontati al Meeting di Rimini – durante l’incontro “La sfida della prevenzione, chiave per un sistema sanitario sostenibile” sostenuto da Generali- Cattolica e DOC – esperti del settore, figure istituzionali e leader aziendali. Tra i relatori intervenuti: Francesco Bardelli, Chief Health & Welfare e Connected Business Development Officer di Generali Italia e CEO di Generali Welion; Valentino Confalone, Amministratore Delegato di Novartis Italia; Lorenzo Giovanni Mantovani, Direttore del Centro Dipartimentale di Studio sulla Sanità Pubblica dell’Università Milano Bicocca; e Paolo Veronese, CEO di Veronese Sicurezza e founder di Passione Sicurezza, con la moderazione di Riccardo Zagaria, Amministratore Delegato DOC.

Durante l’evento, commentando i dati del XVIII Rapporto Meridiano Sanità, è stato evidenziato come un aumento degli investimenti in prevenzione possa ridurre significativamente il burden delle patologie croniche, attualmente la principale causa di mortalità e disabilità nel nostro Paese. In particolare, il Prof. Lorenzo Giovanni Mantovani ha spiegato come una strategia integrata di prevenzione (primaria, secondaria e terziaria) sia essenziale per affrontare le sfide dell’invecchiamento della popolazione e dell’aumento delle malattie croniche. Parlando delle priorità su cui è necessario concentrare gli sforzi per un’ottimizzazione del sistema, Mantovani ha evidenziato l’educazione sanitaria volta a promuovere stili di vita sani, oltre alla necessità di ripensare nuovi modelli di prevenzione che permettano di liberare risorse da reinvestire in altre aree critiche del sistema sanitario.

Valentino Confalone ha evidenziato l’importanza del Sistema Sanitario Italiano, che da oltre 50 anni rappresenta un pilastro fondamentale nella tutela della salute dei cittadini e che, proprio per questo, merita una protezione e un’attenzione particolari. Confalone ha sottolineato anche come il ruolo delle aziende farmaceutiche oggi vada ben oltre l’investimento in ricerca: è cruciale essere partner attivi nel sistema salute, collaborando con le istituzioni per sviluppare e realizzare soluzioni che rafforzino la sostenibilità e l’efficacia del sistema sanitario. Tuttavia, ha osservato Confalone, il Sistema Sanitario attuale investe solo il 5% del fondo sanitario in prevenzione. Risulta quindi necessario individuare nuovi meccanismi per incentivare una spesa più strategica, che possa davvero fare la differenza nella sostenibilità del nostro sistema sanitario.

Intervenuto a proposito di spesa sanitaria, Francesco Bardelli ha evidenziato l’importanza crescente della spesa sanitaria privata in Italia, che include fondi e assicurazioni, in un contesto in cui l’81% della popolazione identifica la salute come la propria priorità assoluta. Bardelli ha sottolineato che, di fronte a questa crescente consapevolezza e domanda, è essenziale che i player del settore collaborino con le istituzioni per rendere le cure sempre più accessibili e capillari su tutto il territorio italiano, favorendo ove possibile le cure domiciliari e sgravando le strutture sanitarie con conseguente ottimizzazione dei costi.

Infine, Paolo Veronese ha illustrato come l’ambito lavorativo possa diventare un contesto privilegiato per l’educazione alla prevenzione, sottolineando che il luogo di lavoro, dove trascorriamo gran parte della nostra giornata, rappresenta l’ambiente ideale per implementare la prevenzione primaria. Ha evidenziato che le aziende hanno un ruolo cruciale nella promozione attiva della salute e del benessere dei dipendenti attraverso programmi di sensibilizzazione e formazione continua. Promuovere una cultura della prevenzione sul posto di lavoro, infatti, non solo migliora il benessere dei dipendenti, ma contribuisce anche a creare un ambiente di lavoro più sano e produttivo, rendendo l’azienda un motore di sostenibilità sanitaria complessiva.

Riccardo Zagaria, Amministratore Delegato di DOC, ha sottolineato l’urgenza di un cambiamento di paradigma: “Investire oggi nella prevenzione significa costruire un domani più sano e sostenibile. Questo non si limita solo all’adozione di stili di vita sani, ma include anche scelte consapevoli nell’utilizzo dei farmaci. Promuovere l’uso dei farmaci equivalenti è un atto di prevenzione economica, che consente di liberare risorse preziose da reinvestire in ulteriori iniziative preventive e nell’accesso alle cure per un numero maggiore di persone. In un momento in cui la sostenibilità del sistema sanitario è sotto pressione, questa è una scelta strategica che non possiamo più rimandare”.

I farmaci equivalenti sono uno strumento essenziale per la sostenibilità del nostro SSN. Nonostante la comprovata efficacia però, un terzo degli italiani continua a preferire i farmaci originatori, generando un impatto economico significativo dal momento che è il cittadino a pagare la differenza tra il prezzo del medicinale originatore e quello di rimborso dell’equivalente (la spesa privata degli italiani ha raggiunto 1,1 miliardi di Ç in un anno).

Conclude l’importante momento di confronto Riccardo Zagaria: “Per garantire la sostenibilità del nostro sistema sanitario e preservarlo, è necessario l’impegno e la sinergia di tutti i player del settore, dalle istituzioni, alle assicurazioni e alle aziende farmaceutiche, sia che esse siano innovative o in grado di generare un risparmio offrendo cure di qualità a costi più sostenibili”.

Fonte: askanews.it

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Salute, da stimolazione cerebrale speranza per rallentare la Sla

Emerge da studio Campus Bio-Medico e Istituto Auxologico Italiano

Dopo 24 mesi di trattamento con stimolazione magnetica cerebrale transcranica statica, oltre il 70% dei pazienti con Sclerosi Laterale Amiotrofica (Sla) è sopravvissuto senza necessità di ricorrere alla ventilazione meccanica, a fronte del 35% dei pazienti che non avevano ricevuto questo trattamento: è il dato più rilevante che emerge da uno studio della Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico e della Fondazione Irccs Istituto Auxologico Italiano.

Una nuova tecnica non invasiva, si legge in una nota delle due fondazioni, in grado di modulare attraverso l’utilizzo di campi magnetici l’eccitabilità delle cellule nervose correggendo l’ipereccitabilità che porta a morte i neuroni motori nei pazienti con Sla. Anche se le cause di questa patologia sono ancora sconosciute, recenti ricerche hanno infatti dimostrato che un’eccessiva risposta agli impulsi eccitatori da parte delle cellule nervose che controllano il movimento può innescare il processo degenerativo.

Lo studio dei ricercatori della Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico, guidati dal professor Vincenzo Di Lazzaro, e dei colleghi della Fondazione Irccs Istituto Auxologico Italiano, guidati dal professor Vincenzo Silani, è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista Lancet Regional Health Europe.

L’approccio impiegato in questa ricerca utilizza la stimolazione magnetica non invasiva al posto dei farmaci – per questa ragione chiamata elettroceutica – e viene studiato nella Sla dal gruppo diretto dal professor Di Lazzaro da oltre venti anni. Diversi studi preliminari hanno dimostrato che è possibile ottenere un lieve ma significativo rallentamento della progressione di malattia. Recentemente è stata introdotta una nuova forma di elettroceutica che utilizza un campo magnetico di tipo statico (si tratta di un potente magnete) la quale, per la sua semplicità di impiego, può essere utilizzata direttamente dai pazienti a domicilio, quotidianamente e per periodi prolungati. In uno studio preliminare la stimolazione magnetica statica è stata sperimentata in due pazienti con una forma di Sla a rapida evoluzione, nei quali si è osservato un significativo rallentamento della progressione di malattia.

Sulla base di questa preliminare esperienza nel 2019, è stato avviato l’attuale studio, che ha coinvolto 40 pazienti affetti da Sla con l’obiettivo primario di valutare se la stimolazione sia in grado di ridurre la progressione di malattia durante un periodo di trattamento di 6 mesi. Al termine di tale periodo non si è osservato un significativo cambiamento nella velocità di progressione della malattia. Tuttavia, i ricercatori e, soprattutto, i pazienti non si sono arresi e lo studio è proseguito per ulteriori 18 mesi, al termine dei quali i risultati osservati, al contrario di quelli emersi nel breve periodo, appaiono estremamente promettenti.

“Si tratta di una differenza significativa che ci fa essere ottimisti, ma che deve essere considerata con prudenza. Infatti, quando uno studio non raggiunge l’obiettivo primario, ma l’evidenza di efficacia emerge da una prosecuzione del medesimo in una modalità cosiddetta in aperto, sono necessarie ulteriori conferme. Quindi, anche se i risultati ci rendono decisamente ottimisti, non possiamo concludere di aver trovato la cura della SLA. Possiamo tuttavia affermare con sicurezza che sono pienamente giustificati ulteriori studi che valutino l’efficacia della stimolazione magnetica statica in un maggiore numero di pazienti e con un periodo di trattamento prolungato” ha sottolineato il direttore della Neurologia della Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico, Vincenzo Di Lazzaro.

“In un momento difficile per il recente insuccesso di diversi trial farmacologici verso cui erano state riposte molte speranze per la forma sporadica di SLA, questo studio apre un’inattesa prospettiva positiva per i pazienti. L’elettroceutica si dimostra oggi una componente imprescindibile per una combinazione terapeutica che molti ritengono rappresentare la soluzione definitiva per una malattia caratterizzata da diversi momenti patogenetici. Le future strategie terapeutiche dovranno adeguatamente tenere in conto i dati oggi prodotti con questo studio” ha aggiunto il direttore del Dipartimento di Neuroscienze della Fondazione Irccs Istituto Auxologico Italiano – Centro “Dino Ferrari”, Università degli Studi di Milano, Vincenzo Silani.

Fonte: askanews.it

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Cure odontoiatriche, un prestito per curarsi

E dire no alle liste di attesa

Il Governo corre ai ripari e lo scorso 16 luglio ha emanato un decreto legge per la creazione di un Cup Regionale. Sul piatto, l’annosa questione delle interminabili liste di attesa negli ospedali pubblici. Ma, sempre in attesa del successivo passaggio in Senato, il problema rimane inalterato. E i numeri, (emersi da un sondaggio realizzato da Facile.it e Prestiti.it su un campione di oltre 400.000 domande), parlano chiaro: è di oltre 1 miliardo di euro il valore dei prestiti personali erogati agli italiani nel 2023 per far fronte alle spese mediche. La salute ha un costo e chiedere un finanziamento per sostenere le spese sanitarie è una pratica sempre più diffusa. Lo scorso anno, il peso percentuale di questi prestiti, è aumentato del 6,6% rispetto all’anno precedente.

“I costi per gli esami medici, gli interventi chirurgici e le visite di controllo – spiega Andrea Di Vincenzo, Ceo di Prestiter – non sono sempre accessibili e spesso diventano ulteriore fonte di stress e disagio, in situazioni già delicate. In questi casi, per tutelare la salute e il benessere personale e familiare, sempre più italiani ricorrono a istituti come il nostro. Ogni loro richiesta cela una storia che ci coinvolge emotivamente, soprattutto quando veniamo a conoscenza che questo denaro è determinante per sostenere delle cure ‘importanti’. Partecipare al miglioramento della salute di un marito, di una moglie o di un figlio, per noi ha un valore umano infinitamente grande. Parlo di cure per i familiari perché è bene specificare che chi ne fa richiesta debba godere di ‘buona salute’”.

Ma i prestiti personali per far fronte alle cure sanitarie abbracciano una vasta tipologia di ambiti. Spesso gli italiani ne fanno richiesta anche per migliorare il proprio benessere fisico, estetico e psicologico. “Abbiamo molte testimonianze pervenute dai nostri agenti per delle richieste utili nel sostenere dei trattamenti fisioterapici e riabilitativi. Soprattutto ci informano che molto spesso gli italiani devono sostenere delle cure dentistiche e odontoiatriche. Queste ultime, si sa, riguardano importi di migliaia di euro e incidono moltissimo sul bilancio familiare”.

Ma chi sono i connazionali che ne fanno richiesta? Quasi 1 domanda su 4 (24,9%) proviene dalla fascia anagrafica 45-54 anni; seguita da chi ha tra i 35 e i 44 anni (20,9%). Al terzo posto, invece, ci sono gli italiani che hanno un’età compresa tra i 55 e i 64 anni (18,6%).

Le donne, poi, sono quelle che ne fanno maggiore richiesta (42,8%). E da dove provengono maggiormente le richieste? Le regioni dove il peso percentuale è maggiore sono la Sardegna (5,33%), le Marche (5,14%) e la Liguria (5,12%).

Ma nonostante siano in molti a farne richiesta, altri ancora non sanno a chi rivolgersi. Proviamo a fare un po’ di chiarezza. Per ottenere un finanziamento medico esistono principalmente due possibilità ma la base di partenza, come detto, è che il richiedente goda di “buona salute”. La prima è il prestito finalizzato che viene erogato direttamente dalle cliniche o dalle strutture dove si effettuano le cure. “Il vantaggio – spiega Di Vincenzo – è che la pratica è molto veloce, la somma finanziata viene immediatamente riconosciuta e l’utente paga le rate del prestito secondo quanto previsto dal piano di rimborso”. Il secondo caso, invece, è il prestito per liquidità, accordato da banche o finanziarie senza l’intervento della struttura medica. “Trattandosi di un prestito non finalizzato – chiarisce Di Vincenzo – il cliente non è obbligato a dichiarare il motivo della richiesta, tutelando di fatto la sua privacy. In più, poiché il finanziamento è svincolato dall’intervento sanitario, c’è la possibilità di ottenere somme più elevate di quelle necessarie per il trattamento, decidendo in completa autonomia come investire il credito ottenuto”.

In conclusione, dall’analisi realizzata dai due siti di comparazione, emerge un altro dato interessante. Se è pur vero che le domande sono aumentate, si è abbassata la richiesta che, in media, è di circa 6.152 euro. Questa diminuzione dell’importo può essere messa in relazione col fatto che ci si rivolga alla sanità privata anche per visite o esami mediamente meno costosi come, appunto, i trattamenti odontoiatrici.

Fonte: askanews.it

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Alimentazione in gravidanza: cosa è consigliabile mangiare

Il vero ed il falso per la salute della mamma e del bambino

Tra falsi miti, incertezze e informazioni spesso trascurate, l’alimentazione della donna durante la gravidanza suscita numerose domande. Una delle credenze più diffuse è che una donna incinta debba “mangiare per due”. Ma quanto è fondata questa affermazione? E le famose “voglie” vanno sempre assecondate oppure è meglio evitare?

Mangiare per due: vero o falso? Durante la gravidanza, è essenziale soddisfare i bisogni nutrizionali sia della madre che del nascituro, ma ciò non significa necessariamente mangiare per due. “L’alimentazione in gravidanza non differisce molto da quella normale – spiega Marco Grassi, ginecologo dell’ospedale “C. e G. Mazzoni” di Ascoli Piceno – il fabbisogno calorico aumenta di 350 kcal al giorno nel secondo trimestre e di 460 kcal nel terzo trimestre, secondo il Ministero della Salute, questo incremento energetico leggero garantisce lo sviluppo del feto senza intaccare le riserve nutritive materne”. L’aumento di peso raccomandato dipende dal peso iniziale della donna e, in condizioni normali, dovrebbe essere tra 11,5 e 16 kg. Un adeguato aumento di peso influisce positivamente sulla durata della gravidanza e sul peso del neonato. Per questo motivo, è essenziale seguire una dieta equilibrata con pasti distribuiti durante la giornata.

Voglie e bisogni nutrizionali “Le voglie in gravidanza non sono indicatori delle reali necessità nutrizionali – chiarisce il dottor Grassi – l’alimentazione della gestante richiede attenzione, soprattutto per l’aumento del fabbisogno proteico, mentre le necessità di carboidrati e grassi rimangono pressoché stabili. Una dieta variata che includa frutta, verdura e legumi copre generalmente i bisogni vitaminici, eccetto per l’acido folico. Anche i minerali, come calcio, ferro e iodio, sono sufficientemente assunti con un’alimentazione equilibrata”. È fondamentale quindi seguire una dieta completa, diversificata e che comprenda ogni giorno i diversi gruppi alimentari.

Caffè ed alcol si o no? Il consumo di caffè è una preoccupazione comune tra le future mamme. “Il caffè, così come altre bevande contenenti sostanze stimolanti ad esempio il tè, la cola ed il cioccolato, dovrebbe essere assunto con moderazione, poiché la caffeina attraversa la placenta – spiega il dottor Grassi. È consigliabile optare per bevande decaffeinate o deteinate”. Inoltre, è fondamentale evitare l’alcol in tutte le sue forme, anche in piccole quantità, per prevenire malformazioni congenite e basso peso alla nascita, noti come sindrome feto-alcolica.

Cibi da evitare Evitare di consumare verdure crude non lavate accuratamente, carne cruda (a meno che non sia stata congelata), insaccati poco stagionati e carni affumicate, poiché possono provocare la Toxoplasmosi. Evitare anche pesce crudo, latte non pastorizzato, formaggi molli, e cibi pronti come carni fredde, insalate preconfezionate e panini. Per garantire la sicurezza alimentare, separare gli alimenti crudi da quelli cotti, consumare i prodotti sempre entro la data di scadenza e conservare gli alimenti a una temperatura inferiore ai 5 °C. Inoltre, mantenere il frigorifero pulito, in particolare se contiene carne cruda, come suggerito dall’Istituto Superiore di Sanità.

Alimenti consigliati Consumare verdura e frutta di stagione ogni giorno, lavata in modo accurato con abbondante acqua corrente, consumare carne e uova ben cotti, limitare gli zuccheri semplici, prediligendo carboidrati complessi come pasta, pane e patate (Ministero Salute).

Inoltre, il dottor Grassi sottolinea come un consumo di pesce di 3-4 porzioni/settimana in gravidanza può avere effetti benefici sullo sviluppo del sistema nervoso embrio-fetale. In cucina alcune pratiche erronee possono portare alla contaminazione del cibo con sostanze tossiche particolarmente dannose per il concepito; ad esempio, la cottura eccessiva di alimenti contenenti grassi (bistecche grigliate e pizza), produce idrocarburi policiclici aromatici (IPA), sostanze cancerogene e teratogeni.

Sale e acido folico Un consumo elevato di sale aumenta il rischio di malattie cardiovascolari e ipertensione. “Durante la gravidanza è ancora più importante ridurre l’assunzione di sale e preferire quello iodato – consiglia Grassi – poiché il fabbisogno di iodio è maggiore in questo periodo. L’integrazione di acido folico dovrebbe iniziare almeno alcuni mesi prima del concepimento e continuare per tre mesi dopo, poiché un basso livello di folati nella madre è un fattore di rischio per difetti del tubo neurale nel feto”.

L’alimentazione durante la gravidanza è fondamentale per la salute sia della madre che del nascituro. “È essenziale prestare attenzione alla dieta sin dal periodo pre-concepimento e mantenerla adeguata fino al termine dell’allattamento, ma è necessario farlo con consapevolezza, comprendendo i rischi associati a un’alimentazione che potrebbe non essere del tutto appropriata per la salute della madre e del nascituro”, conclude il dottor Grassi.

Fonte: askanews.it

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Estate in salute, tutti i vantaggi della dieta mediterranea

Con olio extravergine d’oliva e consumo moderato di vino

Con l’estate nel pieno della sua stagione, esaltiamo i vantaggi della Dieta Mediterranea, modello alimentare celebrato per i suoi effetti positivi sulla salute, mettendo in risalto l’importanza dei due alimenti ‘liquidi’: l’olio extravergine d’oliva e il vino. Questi alimenti non solo arricchiscono i piatti estivi con sapori intensi, ma supportano anche la salute cardiovascolare e il benessere generale grazie alle loro proprietà antiossidanti e antinfiammatorie, come spiegano il Prof. Attilio Giacosa e la Prof.ssa Silvana Hrelia, rispettivamente Presidente e membro del Comitato Scientifico IRVAS, Istituto per la Ricerca su Vino, Alimentazione e Salute.

“L’estate rappresenta il periodo ideale per adottare la Dieta Mediterranea – precisa Silvana Hrelia – poiché offre un’ampia varietà di frutta e verdura fresche e di stagione, ideali per soddisfare le necessità nutrizionali durante i mesi più caldi. Questo regime alimentare, basato sull’abbondante consumo di frutta e verdura di stagione, legumi e carni bianche, costituisce un’essenziale strategia dietetica per promuovere la salute cardiovascolare, migliorare il benessere generale e aumentare la longevità. La Dieta Mediterranea include anche due componenti ‘liquidi’ fondamentali: l’olio extravergine d’oliva e il vino, da consumarsi – quest’ultimo – sempre moderatamente e in abbinamento ai pasti. A questo proposito, l’olio extravergine d’oliva, ricco di acidi grassi monoinsaturi e composti fenolici, gioca un ruolo cruciale nella protezione contro le malattie croniche, grazie alle sue proprietà antiossidanti e antinfiammatorie”.

Anche il vino, consumato con moderazione e in abbinamento ai pasti, rappresenta un altro elemento distintivo della Dieta Mediterranea con potenziali benefici per la salute, grazie alla sua composizione nutrizionale e ai suoi componenti bioattivi. Come sottolinea Attilio Giacosa: “Il consumo moderato e responsabile di vino può contribuire positivamente alla salute, grazie alla presenza di antiossidanti come i polifenoli e il resveratrolo. Questi composti hanno dimostrato di giocare un ruolo protettivo per il cuore e possono contribuire alla prevenzione di malattie croniche, se inseriti in un contesto di una dieta equilibrata. Il vino è inoltre parte integrante della cultura e delle tradizioni alimentari di molte regioni del mondo, specialmente nella Dieta Mediterranea. Viene consumato spesso durante i pasti e può contribuire alla varietà e al gusto complessivo dell’alimentazione”.

In estate sia l’olio d’oliva che il vino offrono diversi vantaggi, legati al benessere, alla convivialità e alla piacevolezza dell’esperienza gastronomica. L’olio extravergine d’oliva è un compagno perfetto per i pasti estivi. Mentre il vino, soprattutto bianco e rosato, è generalmente più leggero dal punto di vista della gradazione alcolica rispetto, invece, a cocktail che spesso contengono liquori ad alta gradazione alcolica e zuccheri aggiunti. “Utilizzare un olio extravergine d’oliva di alta qualità, preferibilmente proveniente da fonti certificate, per massimizzarne i benefici nutrizionali e il gusto dei piatti estivi, è un vero e proprio toccasana per favorire benessere e longevità – spiega Attilio Giacosa -. Con la sua versatilità e i suoi benefici per la salute, l’olio d’oliva è un alleato prezioso per creare piatti estivi leggeri, gustosi e nutrienti, dall’antipasto al gelato: sia una fresca insalata estiva, utilizzando verdure di stagione, sia per marinare carni bianche, come pollo o pesce, prima di grigliarle; sia per condire carpacci di carne o pesce, insieme a agrumi ed erbe fresche, fino ad offrire un tocco unico e raffinato ai dessert estivi, come gelati, mousse o torte. Relativamente al vino, va sottolineato che mentre molti cocktail sono carichi di zuccheri semplici provenienti da sciroppi, succhi di frutta o bevande gassate, esso contiene zuccheri naturali derivati dall’uva. Ovviamente il suo consumo dev’essere sempre moderato e in abbinamento a cene leggere e piatti estivi: ad esempio, un vino bianco fresco può essere perfetto con piatti a base di pesce, insalate o verdure grigliate, mentre un rosso leggero può sposarsi bene con carni bianche o antipasti. Contribuendo, così, anche a godere di momenti conviviali durante una cena all’aperto o in compagnia di amici e familiari”.

Fonte: askanews.it

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Lavoro e vacanze, perché è difficile staccare davvero la spina

Come trovare un giusto equilibrio tra lavoro e tempo libero

E’ tempo di vacanze. Che sia mare o montagna, questo periodo dell’anno è da sempre sinonimo di riposo e di svago, e i dati lo confermano. Secondo gli ultimi rapporti diffusi da Eurostat, l’Ufficio statistico dell’Unione europea, nel 2022 oltre un terzo dei pernottamenti turistici degli europei è avvenuto nei mesi di luglio e agosto. Tuttavia, nonostante il desiderio diffuso di vacanze, riuscire a godersi il meritato riposo e staccare davvero la spina e la testa dal lavoro, non è così semplice come sembra. Un sondaggio condotto da Fishbowl di Glassdoor, un social network per professionisti, ha rivelato dati sorprendenti.

Alla domanda “Credi di poter staccare completamente dal lavoro quando ti prendi del tempo libero retribuito?”, posta a 20.297 professionisti, oltre la metà (54%) ha risposto negativamente. Questa difficoltà a disconnettersi è particolarmente marcata tra i professionisti più anziani: quasi due terzi (65%) dei lavoratori di età pari o superiore a 45 anni hanno dichiarato di non riuscire a staccare completamente durante le ferie, rispetto al 47% dei giovani tra i 21 e i 25 anni. L’indagine ha inoltre evidenziato come i lavoratori di alcune professioni siano particolarmente inclini a questa problematica. Tra gli insegnanti, il 73% non crede di potersi disconnettere completamente dal lavoro durante le ferie, mentre tra gli avvocati questa percentuale è del 71%.

“Questi dati riflettono una realtà complessa in cui, nonostante l’importanza riconosciuta del riposo, molti professionisti faticano a trovare un equilibrio tra lavoro e vita privata – spiega Alessandro Da Col, Top Voice di LinkedIn e Mindset ed Executive Coach e co-fondatore, insieme ad Alessandro Pancia, dell’Accademia Crescita Personale Meritidiesserefelice – in un’epoca in cui la tecnologia ci tiene costantemente connessi, la sfida di goderci il meritato riposo sembra essere più ardua che mai”.

Dunque, non vediamo l’ora che arrivino le ferie, poi però non riusciamo a godercele a pieno, portandoci dietro i problemi lavorativi e le tensioni familiari e quotidiane.

Il co-fondatore, Alessandro Pancia, anch’egli Top Voice di LinkedIn, enfatizza il valore del tempo libero non solo per il benessere fisico, ma anche per quello psicologico. “Tuttavia, il semplice riposo non è sufficiente, è cruciale utilizzare questo tempo per coltivare relazioni significative e positive, disconnetterci dal lavoro e arricchire la nostra vita con nuove esperienze e prospettive. Il primo passo per risolvere il problema del work-time bleed, ossia il bilanciamento tra vita personale e professionale, è guardare ai propri confini per vedere se sono dove li vuoi. Pensa a ciò che conta per te: lavoro, famiglia, amici, sport, qualsiasi cosa. Stanno ricevendo abbastanza del tuo tempo e attenzione?”.

Per evitare di diventare un numero dell’ennesima statistica sul burnout e relazionarsi in modo adeguato alla cultura del “sempre attivo” è importante adottare delle precise strategie. Organizzare il lavoro prima di andare in vacanza Questo significa completare tutte le attività importanti e, se necessario, delegare compiti ai colleghi che rimarranno in ufficio durante la tua assenza. “Imparare a delegare non solo allevia il carico di lavoro, ma assicura anche che le responsabilità continuino a essere gestite in modo efficiente durante il periodo di vacanza”, spiega Da Col.

Disconnettersi dai dispositivi tecnologici Limita l’uso di smartphone e di altri dispositivi tecnologici come pc e tablet, evita di controllare le mail di lavoro ed imposta messaggi di risposta automatica comunicando la tua assenza. “Questo distacco permette di ridurre l’ansia legata alle incombenze lavorative e di immergersi nel momento presente” afferma Alessandro Pancia. Programma attività piacevoli Pianifica attività che ti appassionano, come escursioni, letture, sport o hobby che solitamente non hai tempo di praticare. Secondo Alessandro Da Col, è cruciale dedicare del tempo alle attività che amiamo e che spesso trascuriamo durante l’anno, per favorire il benessere e la rigenerazione del nostro corpo e della nostra mente.

Coltiva relazioni. Dedica tempo ai tuoi familiari ed amici, trascorrendo momenti di qualità insieme a loro. Le relazioni personali non solo arricchiscono la nostra vita, ma sono anche fondamentali per rinnovare le nostre energie. Alessandro Pancia sottolinea che le connessioni umane sono essenziali per la salute psicofisica, evidenziando l’importanza di nutrire e valorizzare le relazioni nelle nostre vite quotidiane. Pratica la Mindfulness Meditazione, yoga o semplicemente passeggiate nella natura favoriscono la riduzione dello stress. “La mindfulness ci aiuta a vivere il momento e a ridurre le tensioni accumulate,” spiega Da Col.

Stabilisci confini chiari Definisci chiaramente i confini tra lavoro e tempo libero, comunicandoli ai colleghi e rispettandoli rigorosamente. “I confini non mostrano solo rispetto per se stessi, ma anche per gli altri. “Se continui a lavorare durante le vacanze, potresti involontariamente incoraggiare gli altri a fare lo stesso” avverte Pancia.

Non trasformare la vacanza in una Workcation Riformulare il periodo di ferie come riposo produttivo. Questo aiuterà a non sentirsi in colpa per il tempo libero, riconoscendo che il riposo è essenziale per la produttività a lungo termine. Riuscire a disconnettersi completamente dal lavoro durante le ferie è fondamentale per tornare rigenerati e pronti ad affrontare nuove sfide. “Il riposo non è un lusso, ma una necessità per il nostro benessere e la nostra produttività,” concludono gli esperti.

Fonte: askanews.it

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Ministero Salute, al via la campagna “Proteggiamoci dal caldo”

Spot, attivazione numero 1500, bollettini su ondate di calore

“Anche quest’anno mettiamo a disposizione dei cittadini tutti gli strumenti utili per proteggersi dalle ondate di calore e trascorrere in sicurezza l’estate 2024. Non bisogna mai sottovalutare l’impatto sulla salute delle ondate di calore; attenersi a comportamenti corretti è essenziale per non esporsi a rischi. Il Ministero della Salute interviene con un piano che agisce sia sulla sensibilizzazione dei cittadini sia sul rafforzamento dei servizi sanitari”. Lo ha detto il ministro della Salute Orazio Schillaci in occasione del lancio oggi a Roma della campagna del Ministero della Salute “Proteggiamoci dal caldo” per la prevenzione degli effetti del caldo sulla salute.

La campagna fa parte dell’attività estiva del Piano Caldo, avviato lo scorso 20 maggio, volto a prevenire rischi per la salute legati alle elevate temperature e promuovere interventi in favore delle persone più vulnerabili.

Tra le iniziative messe in campo il nuovo spot – che sarà trasmesso sulle reti Rai – per ricordare le regole da seguire per non esporsi ai rischi dovuti al caldo specialmente per le fasce più vulnerabili come anziani, malati cronici, bambini e donne in gravidanza. Il decalogo è consultabile anche sul sito del Ministero della Salute.

A partire da oggi, 26 giugno, è di nuovo attivo il numero di pubblica utilità 1500 che fornisce indicazioni utili su come comportarsi per proteggersi dal caldo e sui servizi socio-sanitari presenti sul territorio nazionale. Grazie alla collaborazione con l’Inail, quest’anno il servizio telefonico è stato esteso anche a lavoratori e imprese con l’introduzione di informazioni specifiche sul “rischio caldo” nei luoghi di lavoro, ponendo particolare attenzione ai lavoratori impiegati in attività outdoor (cantieri edili, agricoltura) e dunque più esposti alle alte temperature.

Dal 20 maggio al 20 settembre è attivo il Sistema operativo di previsione e prevenzione degli effetti del caldo sulla salute con la pubblicazione giornaliera sul portale del Ministero della Salute dei bollettini sulle ondate di calore in 27 città italiane, consultabili anche tramite la APP ‘Caldo e Salute’. È inoltre attivo, come ogni anno, il Sistema di sorveglianza degli accessi in Pronto Soccorso per un monitoraggio tempestivo dell’impatto del caldo sulla salute.

Il Ministero della Salute ha raccomandato alle Regioni di rafforzare i servizi sanitari per fronteggiare l’emergenza caldo: codice calore nei pronto soccorso, potenziamento del servizio di guardia medica, attivazione degli ambulatori territoriali 7 giorni su 7 – h12 per accessi relativi agli effetti del caldo e delle USCAR (Unità speciali di continuità assistenziale regionale) per favorire l’assistenza domiciliare ed evitare l’accesso inappropriato ai Pronto Soccorso.

Fonte: askanews.it

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Ricerca, il vaccino contro la Dengue è efficace e sicuro

Riduce di oltre 50% rischio contrarre malattia. Dati di 19 studi

Il vaccino contro la Dengue ha un’efficacia superiore al 50% nel ridurre i casi di malattia, con un effetto duraturo e un profilo di sicurezza molto buono. A confermarlo è la prima meta-analisi al mondo sull’efficacia di TAK-003, meglio noto come Qdenga: l’unico vaccino ad oggi approvato in Italia e in molti paesi europei per la lotta alla Dengue. Pubblicata sulla rivista “Vaccines”, l’indagine è stata realizzata da studiosi dell’Università di Bologna e dell’Università degli Studi di Ferrara.

“Questa è la prima analisi complessiva a livello mondiale e siamo molto contenti dei dati emersi”, dice Lamberto Manzoli, direttore della Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva dell’Alma Mater, che ha coordinato lo studio. “Non era un esito scontato: sono stati necessari molti anni prima di arrivare a sviluppare un vaccino con risultati così buoni”.

Il virus della Dengue, trasmesso da alcune specie di zanzare, infetta ogni anno circa 400 milioni di persone nelle aree più calde del pianeta, causando più di 3 milioni di morti. Il cambiamento climatico sta inoltre ampliando l’habitat delle zanzare portatrici del virus e questo sta provocando nuove epidemie di Dengue in un numero sempre maggiore di paesi. Anche in Italia, in seguito al continuo aumento di casi, la malattia è al centro di un’allerta sanitaria.

Ad oggi – spiega l’Alma Mater – non esiste una terapia efficace contro la malattia e le azioni di bonifica ambientale contro le zanzare non sono in grado di eliminare completamente il rischio di epidemie. L’unica strategia per la prevenzione è quindi quella legata al vaccino: approvato in Europa nel dicembre del 2022, TAK-003, meglio noto come Qdenga, ha mostrato risultati molto promettenti. Finora però non era disponibile una stima complessiva sulla sua efficacia e sicurezza.

Gli studiosi hanno quindi esaminato e incrociato i dati dei 19 studi scientifici realizzati fino ad oggi sul vaccino, per trovare solide evidenze della sua capacità di combattere la malattia. Nel complesso sono stati presi in considerazione i casi di oltre 20.000 individui coinvolti nei diversi test, anche a distanza di più di un anno dall’ultima somministrazione, sia con una sola dose che con entrambe le dosi previste per la vaccinazione completa.

I risultati mostrano che il vaccino riduce di oltre il 50% il rischio di contrarre la malattia, con un elevato profilo di sicurezza. Tra chi ha ricevuto entrambe le dosi previste, più del 90% ha sviluppato gli anticorpi contro la Dengue, e la risposta è molto positiva anche tra chi ha ricevuto solo una dose: più del 70% degli adulti e più del 90% dei bambini e adolescenti sviluppano gli anticorpi.

“Considerati i risultati ottenuti in termini di sicurezza, immunogenicità ed efficacia, la somministrazione di due dosi può senza dubbio rappresentare uno strumento fondamentale per la prevenzione della Dengue”, conferma Maria Elena Flacco, direttrice della Scuola di Specializzazione di Sanità Pubblica dell’Università degli Studi di Ferrara e prima autrice dello studio. “Il vaccino attualmente disponibile può essere quindi molto utile non solo per le popolazioni delle aree endemiche, ma anche per i viaggiatori provenienti da aree non a rischio”.

Fonte: askanews.it